La relazione genitore - bambino nelle fiabe

Dagli anni ’60 è presente la polemica sull’utilità o meno del raccontare fiabe ai bambini: viene infatti contestato che nelle fiabe si prediliga l’uso della fantasia a discapito dello sviluppo della razionalità. Inoltre, in seguito alla nascita dei primi movimenti femministi si è sottolineato che spesso nelle favole venga proposto un modello di donna passiva e legata esclusivamente all’organizzazione domestica. Molti psicologi e pedagogisti si sono interrogati sulla liceità o meno di tale discussione e sul motivo per cui la fiaba da sempre è stata usata come strumento di insegnamento.
Bisogna tener presente che, soprattutto le fiabe classiche, sono il risultato di una lunga tradizione orale e quindi lo specchio del nostro periodo storico.
Di seguito vengono elencate le principali funzioni che gli specialisti hanno portato in favore dell’utilità delle favole per lo sviluppo del bambino.

A cosa servono le fiabe?

1.Avvicinamento alla lettura

La fiaba va incontro a un desiderio spontaneo del bambino a partire dai 2-3 anni di vita: quello di sentirsi raccontare qualcosa, una qualsiasi “storia” da parte di un adulto e poi di imparare a leggerla da solo. Allo stesso modo con cui a noi piace leggere un buon libro e guardare un film coinvolgente, proviamo piacere nel farci assorbire dalla narrazione.
Inoltre si permette al bambino di avvicinarsi al libro come oggetto meritevole di rispetto e alla lettura; si rendono infatti conto che mamma e papà possiedono questa “abilità straordinaria” che permette loro di “trasformare” segni neri in parole e significati.
E’ utile dunque iniziare i nostri figli alla lettura fin dall’età prescolare attraverso la nostra mediazione.

2.Sviluppo linguistico

La lettura delle favole costituisce per il bambino un’importante esperienza linguistica, questo infatti permette loro di imparare sia vocaboli nuovi che nuove strutture sintattiche. Teniamo presente che se raccontiamo la fiaba senza leggerla è più probabile che istintivamente usiamo termini semplici già adattati alle conoscenze linguistiche dei nostri figli privandolo così di questa esperienza di crescita. Di fronte a parole nuove sarebbe opportuno spiegarne il significato o lasciare che si intenda dal contesto: solo questo consente l’introduzione permanente del termine nuovo nel vocabolario del bambino.
Si potrebbe obiettare che è possibile soddisfare questa esigenza anche attraverso la visione di film animati; in realtà l’immagine visiva impegna buona parte della capacità attentiva del bambino relegando l’aspetto sonoro/verbale solo in secondo piano.

3.Sviluppo del pensiero divergente

Nel nostro funzionamento cognitivo coesistono due componenti fondamentali: la razionalità e la fantasia; mentre la prima usa in modo rigoroso rapporti logici, spaziali, temporali, di causa/effetto…, la seconda invece usa digressioni non-logiche.
La fiaba, così come il gioco simbolico (J. Piaget), permette da un lato di potenziare la fantasia attraverso tutti gli elementi di magia e di invenzione, ma dall’altro mantiene comunque una struttura logica di base (i personaggi mangiano per sfamarsi, per spostarsi devono usare mezzi di trasporto…). Tutto ciò permette al bambino di “allenarsi” ad usare entrambe queste facoltà implementando così quello che tecnicamente si definisce il pensiero divergente: capacità di risolvere problemi utilizzando soluzioni creative per modificare la realtà.

4.Sviluppo del pensiero morale e sviluppo delle differenze individuali

In ogni favola che si rispetti ci sono dei personaggi con caratteristiche individuali di personalità ben distinte (il buono come Biancaneve, il cattivo come la strega di Hansel e Gretel, l’ingenuo come Pinocchio…); ciò permette al bambino di capire, in modo decisamente semplificato, quanti diverse tipologie di persone si possono incontrare nella realtà sociale.
Inoltre nella stragrande maggioranza delle fiabe i buoni prevalgono sui cattivi e giungono all’indispensabile lieto fine sottolineando in maniera inequivocabile il messaggio morale contenuto.

5.Sviluppo Sociale

Le fiabe presentano con frequenza esempi di relazioni sociali positive come la collaborazione, la sfida leale, la relazione amicale…educando il bambino ad esse.

6.Sviluppo emotivo

Quando guardiamo un film coinvolgente può capitare di commuoverci, così come capita di spaventarsi di fronte a film horror; anche i bambini si identificano nei personaggi delle loro favole preferite provando empaticamente le loro stesse emozioni. Questo consente di “allenarsi” a riconoscere le proprie emozioni e individuarne i correlati fisiologici e comportamentali. Bettelheim ne Il mondo incantato (1978) sostiene che questa identificazione funzioni come una sorta di “vaccino” per la sfera emotiva dei nostri figli.
Spesse volte abbiamo osservato i bambini spaventati ad alcuni passaggi di una fiaba ma desiderosi di riascoltarla ancora: infatti imparare a padroneggiare le proprie emozioni
è un passaggio difficile e va acquisito poco a poco attraverso un’esposizione graduale.
Molte volte i bambini chiedono ai genitori di raccontare più volte un passaggio particolare della loro favola preferita proprio perché evoca in loro tematiche emotive importanti in quel momento evolutivo specifico.

7.Sviluppo dell’ottimismo

Nelle favole è d’obbligo il lieto fine che tuttavia non arriva passivamente, ma è sempre il frutto dell’azione del protagonista. Questo permette di trasmettere un messaggio importante di fiducia verso la vita ed il futuro anche nei momenti più difficili. Inoltre permette al bambino di sviluppare quella che tecnicamente si definisce “attribuzione causale interna”: l’esito delle mie azioni dipende da me, da quello che faccio io e non da fattori esterni che non posso controllare, atteggiamento necessario per affrontare la vita in maniera attiva ed orientata secondo i propri scopi senza farsi travolgere dagli eventi.

La struttura della fiaba

La fiaba deve avere un tipico andamento a 3 fasi: inizio, crisi e soluzione.
Le fiabe iniziano con la presentazione di una determinata situazione, che spesso già contiene elementi di criticità che di lì a poco si manifesteranno pienamente.
1)INIZIO. Ha funzione introduttiva, per presentare i personaggi, le relazioni che intercorrono tra di loro e i loro possibili problemi
2)CRISI. Seconda fase in cui si delinea il problema, che costituisce il nucleo della fiaba; diventa chiaro chi è il protagonista e la difficoltà che dovrà superare, chi sono i nemici e gli alleati
3)CONCLUSIONE. Qui avviene la risoluzione del problema, la sconfitta del nemico; qui c'è il messaggio positivo della fiaba: i problemi esistono, ma si possono superare. Per questo motivo le fiabe si intendono come percorsi di passaggio da un certo equilibrio divenuto instabile ad un nuovo equilibrio

Fiabe paurose

Alcune fiabe fanno paura: ma non è vero che non vanno raccontate. Le fiabe danno un volto a queste paure e indicano vie per superarle: per questo è fondamentale che finiscano bene.
Nelle fiabe, c'è sempre distinzione tra bene e male, buono e cattivo: i personaggi non sono ambigui.
I personaggi “cattivi” servono da catalizzatori e interpreti delle pulsioni negative, che così non vengono negate o soppresse, ma semplicemente vinte, spesso per un pelo, dalle pulsioni positive dei “buoni”

Fiabe che finiscono male

In alcune raccolte di fiabe (di tutto il mondo), si leggono racconti che finiscono male: non sono propriamente indicati per i bambini, perché generano loro troppa angoscia.
Una volta c'era distinzione tra fiabe e favole: le prime erano racconti di immaginazione, le seconde avevano un preciso intento educativo, di lezione morale.
Perrault ha scritto una versione di Cappuccetto Rosso che finisce con bambina e nonna divorate dal lupo. Il messaggio doveva essere quello di non disobbedire alla mamma, attardandosi nel bosco, né rivolgere parola agli sconosciuti. Questa versione è chiaramente discutibile e ha i suoi limiti: la “fiaba didattica” non spazia liberamente nella fantasia e dal punto di vista educativo sono meglio le sgridate!

La fiaba preferita

Teniamo presente che ogni fiaba contiene in termini simbolici e rappresentativi uno specifico messaggio, tratta di un problema preciso. Quando il bambino ci chiede ripetutamente di raccontare sempre la stessa fiaba, forse in quel momento quello è il “suo” problema o forse lo schema seguito nella ricerca della soluzione gli serve e lo rassicura.
Il bambino cresce, e crescendo si spostano le sue aree di conflitto; così accade che di punto in bianco perda interesse per la sua fiaba preferita e sposti l'attenzione si di un'altra.

I personaggi

Nelle fiabe classiche ci sono dei personaggi ricorrenti, che incarnano dei motivi ricorrenti nell'inconscio collettivo.
La matrigna cattiva è espressione del femminile negativo più vicino al vissuto reale e quotidiano del bambino; mentre è semplice mantenere a coscienza l'immagine della madre buona, è inquietante mantenere a coscienza l'immagine di una madre cattiva e distruttrice. L'idea di una figura cattiva è angosciante per un bambino piccolo e quindi viene respinta e proiettata all'esterno (una matrigna)
La matrigna abbandona i bambini nel bosco, li maltratta, li trascura; vengono simbolicamente rappresentate le sofferenze reali del bambino di fronte all'abbandono materno, la paura di ritrovarsi solo,...Per il bambino piccolo la mamma non può avere atteggiamenti cattivi, che sono perciò, attribuiti al suo alter ego, la matrigna.
La strega simbolizza un femminile distruttivo; molto più potente e pericolosa della matrigna, più difficile da combattere perché agisce una distruttività più efficace e difficilmente smascherabile. Nella fiaba la relazione strega-bambino raffigura i rischi di una permanenza eccessivamente prolungata in uno stato di dipendenza dalla madre. Dipendenza di cui ha bisogno all'inizio, ma che poi deve tramutare in autonomia: non sempre la madre facilita questo processo, a volte vi si oppone, divenendo “nociva” per la personalità del figlio. Il bambino imprigionato dalla strega, nell'interpretazione simbolica, si tradurrebbe in un bambino ostacolato nel suo sviluppo dalla possessività materna.
La buona vecchina/ fata è un ruolo transitorio: serve al protagonista per crescere ed è presente fino a quando non è in grado di cavarsela da solo; permette di portare il processo a buon fine.
La principessa è tale per nascita o diventa tale alla fine del racconto, come conquista del percorso compiuto; tema classico della principessa è la scelta del marito, un principe che deve manifestarsi e misurarsi.
Il re incarna la figura paterna; difficilmente, con la regina, è il protagonista; la sua età preannuncia il tema del passaggio dei poteri, indica la prossimità di una grande trasformazione e la fiaba segue le vicissitudini di questa ricerca del nuovo
Il padre fa da sfondo alle gesta del protagonista; è buono, dà consigli e si preoccupa di trovare un marito adeguato alla figlia; oppure, nella versione negativa, brilla per assenza o per sudditanza ad una moglie cattiva. Manca o è distratto, permettendo che accadano i vari eventi della storia.

I paesaggi

Simbolicamente significativi, fanno da sfondo al racconto; il fatto che cambino con lo svolgersi del racconto indica una trasformazione del contesto generale in cui si collocano gli eventi descritti.
La foresta è una rappresentazione simbolica ricorrente dell'”altro mondo”, del mondo dell'inconscio; qui difficilmente i protagonisti rimangono a lungo; è un mondo di passaggio, in cui i protagonisti entrano e poi escono, in cui avvengono degli eventi fondamentali per acquisire poteri magici e in cui si svolgono molte prove che qualificano gli eroi; gli abitanti, buoni o cattivi, sono esseri fuori dal normale.
La montagna rappresenta simbolicamente l'ostacolo da scalare, una prova da superare; l'obiettivo può essere andare oltre la montagna, che dunque funge da impedimento (problema da risolvere); luogo di passaggio.
Il mare altro simbolo dell'inconscio: con la sua forza riassume le opposte valenze del pericolo mortale e della fonte di vita; l'impresa può essere l'immergersi o l'attraversamento
Il castello/casa rappresenta un contesto reale in cui l'azione viene collocata; rappresenta simbolicamente il suo proprietario, è il vestito di colui che lo abita, significativo rispetto alla funzione che svolge il suo proprietario nel racconto (la casetta di marzapane della strega è un inganno)

Ora non resta che augurare a tutti i genitori ed educatori, buona lettura!

dott.ssa E. Cossettini e dott.ssa R. Cecchini

Pubblicato il 6 maggio 2011